Relazione di Esperienza sul campo 1
Pubblico la relazione finale della mia prima esperienza sul
campo presso un RSA con una signora che qui chiamerò Maria.
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lo strumentario |
IntroduzioneLe mie osservazioni preliminari della signora Maria all’interno
del nucleo si sono svolte nel mese di marzo – aprile 2015. Sono
stati incontri brevi, della durata di una ventina di minuti, durante
i quali abbiamo chiacchierato in modo informale e rilassato.
A maggio 2105 abbiamo cominciato il percorso di Musicoterapia
nella “stanza dei suoni”, presso la struttura stessa. L'attività
si è conclusa a dicembre 2015, con un incontro svoltosi in presenza
di una delle figlie della signora. Il percorso svolto, descritto in breve, ha previsto tre fasi. Una
prima, chiamata matching (incontrarsi), durante la quale io
e la signora ci siamo conosciute nel setting musicoterapeutico,
abbiamo cominciato a suonare insieme in modo improvvisato e senza
obiettivi specifici. Questa prima fase mi è servita per cominciare a
farmi un'idea di lei, dei suoi lati più forti e quelli più delicati
e sensibili. Ho posto l'attenzione sulla sua presenza ritmico-sonora,
e ho facilitato la nostra conoscenza reciproca. Nella seconda fase, chiamata pacing (andare al passo),
abbiamo consolidato la nostra relazione basata sulla mediazione
sonoro-musicale, qualche volta mi sono permessa di osare, nelle
risposte, nelle proposte o nella conduzione degli incontri. La terza fase, chiamata leading (condurre), si è
realizzata con la ripresa dell'attività dopo la pausa estiva di
agosto. Nel ruolo di musicoterapista ho cercato di affermare la mia
presenza come ascoltatrice e facilitatrice, come persona creativa,
lasciandomi guidare dall'empatia costruita nel tempo con la signora.
Il percorso di questi mesi è stato per me un'importante occasione
per cominciare a familiarizzare con le tecniche musicoterapiche,
recettive e attive e con alcuni strumenti metodologici a disposizione
dell'operatore. L'esperienza mi ha permesso di vivere la relazione a due con una
paziente, una persona anziana, affetta da malattia degenerativa,
imprevedibile e particolare come l'Alzheimer. Ho esplorato le
attività all'interno di una struttura residenziale organizzata, dove
convivono diverse professionalità. Mi sono relazionata con medici,
fisioterapisti, OSS, gli altri ospiti del Nucleo, i loro parenti e
amici.
E' stato importante osservarmi in questo ambito sia da un punto di
vista personale, che professionale. Ho vissuto momenti di centratura
e consapevolezza rispetto al percorso in atto, altri di
disorientamento e incertezza. Questi ultimi sono stati un fertile
terreno di sperimentazione della mia presenza e della mia capacità
di vivere e affrontare le situazioni impreviste.
Descrizione dell’ospiteLa Sig.ra Maria è un’ospite del Nucleo Alzheimer del RSA ....
Ha 77 anni. Ha ancora importanti capacità residue,
sia cognitive che fisiche. Parla correntemente, con una buona
sintassi e sostiene con prontezza il ritmo di un dialogo a due. Il
contenuto dei suoi discorsi non è sempre logico, fa connessioni
irreali e non coerenti, ma in ogni caso non si sottrae alla risposta
verbale. Risponde con prontezza alle argomentazioni proposte, benché
nei suoi discorsi si possano riconoscere i segni chiari e vivi della
malattia, che la fanno essere vaga e confusa. Nel dialogo a due a
volte non ricorda cosa vorrebbe dire, esprime questa difficoltà
aiutandosi con varie strategie, un sorriso, inventando argomentazioni
per associazioni libere o ammettendo di non ricordare e cambiando
argomento.
Da un punto di vista fisico è capace una di buona autonomia di
movimento: si alza e si siede da sola, cammina anche senza il
sostegno del deambulatore, cammina con passo morbido ma deciso,
gli arti superiori sono abili e ha una buona presa in entrambe le
mani. In alcune settimane ha lamentato un dolore a mano e braccio
destri, evidentemente un po’ gonfi, a causa di un po’ di
artrosi. Ha prontezza di riflessi agli eventi esterni (rumori,
luci e movimenti, …) ai quali risponde guardando nella loro
direzione di arrivo e commentandoli verbalmente. Spesso collega i
rumori esterni alla stanza (voci, passi, rumori vari) a dai presunti
vicini di casa, che, secondo lei, si lamentano del rumore o che
arrivano per sgridarci. Il suo respiro è normalmente regolare,
ma non molto ampio. Durante gli incontri, quando ha usato gli
strumenti a fiato, ha lamentato alcuni mancamenti di fiato, che hanno
denotato per lo più una difficoltà emotiva, a lei inconsapevole, su
cui mi soffermerò più avanti.
Da un punto di vista musicale ha una buona padronanza dei
principali parametri: canta con piacere, è intonata, sa cambiare
tonalità quando necessario, ha un buon senso ritmico, sia nel canto
che nell’uso degli strumenti. Non ama le intensità forti, anzi
tende sempre a tenere basso il volume, sia nelle improvvisazioni con
gli strumenti sia nell'ascolto di musica registrata. Usa volentieri
gli strumenti proposti, anche se non sa come, ci prova, osa. Utilizza
senza timore le percussioni, gli strumenti a fiato (flauti). Ha
sperimentato tanto anche l'improvvisazione al pianoforte,
soprattutto nell'ultimo periodo del nostro lavoro insieme, con una
progressiva crescente soddisfazione.
La signora rivela una grande energia vitale ed emotiva interiore,
che però tende costantemente a tenere sotto il controllo razionale. La sua abitudine alla buona educazione, ai
modi gentili e alla mediazione l'hanno fatta apparire, incontro dopo
incontro, costantemente impegnata a mantenere un certo decoro
esteriore, a discapito di un grande movimento interno, che però,
nella giornata quotidiana, non trova via di espressione e
soddisfazione. Su questi aspetti mi soffermerò più avanti.
Da un punto di vista relazionale la signora mostra una certa
gentilezza e accoglienza verso l'altro, nella misura in cui l'altro
non invade il suo spazio, sia fisico che emotivo. In alcune occasioni
ha mal risposto in modo deciso e scostante sia a me che ad un altro
ospite del Nucleo col quale, evidentemente, ha difficoltà a
relazionarsi. Genericamente si è sempre mostrata contenta di vedermi e di
venire con me fuori dal nucleo, per fare una passeggiata o con
l'intento dichiarato di andare a fare musica. Durante gli incontri
ha, progressivamente, lasciato andare le convenzioni e le abitudini
mostrando i suoi lati più istintivi e impulsivi, rispondendo con
decisione, scostanza e evidente irritazione.
La Stanza dei suoni e il settingLa sala adibita a Stanza dei suoni della RSA ... si trova al
piano -1, in fondo ad un lungo corridoio dove ci sono anche gli
uffici del personale medico, la palestra per la fisioterapia, le
cucine e il salone del parrucchiere. Per arrivare alla stanza dal Nucleo Alzheimer è necessario
scendere due piani di scale oppure prendere l'ascensore e poi
percorrere a piedi il lungo corridoio. Io e la signora Maria abbiamo sempre preso l'ascensore e abbiamo
sempre camminato lungo tutto il tragitto usando il suo deambulatore,
sia all'andata che al ritorno.
L'ambiente dove è stata creata la stanza dei suoni è
molto ampio, a forma rettangolare, con abbaini da cui, nel
pomeriggio, filtra la luce del sole. E' diviso in due ambienti da alcuni armadi: in una parte c'è un
pianoforte a mezza coda, inserito in uno spazio di circa 25 mq,
libero da impedimenti. Nell'altra parte ci sono tavoli appoggiati
alle pareti con il materiale utile al personale interno che si occupa
dell'animazione della struttura. I due ambienti possono essere
separati da un paravento. Gli incontri di musicoterapia si sono svolti sempre nell'ambiente
del pianoforte. Alla signora Maria è sempre stato permesso di
muoversi e camminare, ma non ha mai avuto la curiosità di aprire il
paravento e andare nell'altra parte della stanza.
Ho predisposto il setting degli incontri sempre prima dell'arrivo
della signora, in questo modo:
- un tavolino basso con appoggiati gli strumenti musicali,
disposti sempre in coppia, a specchio;
- due sedie di colore uguale;
- un pianoforte a mezza coda nero, con sedile;
- una poltrona singola a fiori, che più volte è stata oggetto
di curiosità da parte della signora.
Il setting sempre uguale ha permesso alla paziente di ritrovare,
di volta in volta e di mese in mese, un ambiente non completamente
sconosciuto e mostrarsi tranquilla nell'entrare nella stanza. Ha
sperimentato sempre la scelta sul dove sedersi e, in genere, non ha
mostrato difficoltà nel seguire le mie indicazioni rispetto allo
spazio a nostra disposizione, mostrando curiosità verso quello che
le proponevo.
Lo strumentarioSul tavolino ho sempre disposto coppie di strumenti uguali: 2
flauti dolci, 2 maracas, 2 tamburi africani con ciascuno 2 bacchette
di legno, 4 campanelli, il tutto posizionato a specchio per i due
partecipanti. In alcune occasioni ho portato uno jambee grande o un
flauto traverso. Il primo è stato usato sia da me che dalla signora,
il secondo solo da me, in alcuni dialoghi sonori durante i quali lei
suonava le percussioni o il flauto dolce. Il pianoforte a mezza coda presente nella stanza è stato usato
tanto, soprattutto verso la fine del nostro percorso.
ObiettiviIn sintesi descrivo gli obiettivi che mi sono posta
progressivamente nel percorso e che ho condiviso con il personale
medico della struttura e con la mia tutor:
- consapevolezza della propria presenza emotiva nel qui e ora;
- stimolazione di nuclei emotivi inespressi, positivi o
negativi attraverso l'osservazione del respiro;
- espressione e accoglienza del senso di inadeguatezza e
agitazione interiore;
- movimento fisico ed espressione corporea.
Gli incontri di musicoterapiaGli incontri si sono svolti due volte alla settimana (lunedì e
mercoledì dalle 15.30 alle 16.30). Il tempo a disposizione è
passato in modo abbastanza lineare, senza particolari manifestazioni
contrarie da parte della signora e senza eccessive difficoltà
da parte mia. Nei primi incontri ho notato che, senza un orologio a
portata di mano, perdevo il senso del tempo e non riuscivo a sapere
quanto ne fosse passato dall'inizio. Quindi mi sono procurata un
orologio da polso. Questo mi ha permesso di tenere sott'occhio
l'andamento temporale delle varie fasi della seduta e della durata di
alcuni momenti specifici, di cui era importante segnare l'andamento.
La signora Maria normalmente decideva di sedersi allo stesso posto
ma, in modo imprevedibile, in alcune occasioni ha voluto sedersi
sull'altra sedia oppure sulla poltrona a fiori. I nostri incontri
cominciavano dunque in queste posizioni per poi eventualmente attuare
alcuni spostamenti. Alla proposta di fare musica insieme ha sempre risposto prendendo
uno strumento, oppure intonando qualche vecchia melodia, che risale
al suo passato, come se sentisse di voler andare su terreni facili,
conosciuti, senza allontanarsi troppo dal suo ambiente familiare e
abituale. Io la assecondavo nel canto o, a volte, con qualche
improvvisazione percussiva. Così i nostri dialoghi sonori
cominciavano in modo semplice e senza grandi insistenze da parte mia.
Il nostro stare insieme è stato progressivamente occasione per
instaurare una relazione bella, forte, sincera. Per quanto affetta da una malattia degenerativa che compromettesse
la sua memoria, la signora ha dato più volte segno di ricordarsi di
me o, per lo meno, della mia figura e della mia presenza. In alcune
occasioni ha paragonato me alle sue figlie dicendomi che ero come
loro, a volte in senso positivo, altre in negativo, per lamentarsi o
non accettare alcune mie proposte.
Nel dialogo sonoro lei raramente ha introdotto delle variazioni
sonore o ritmiche, come se le piacesse lo stare, il fermarsi in
quello che stava succedendo. Questo suo modo però era
contraddittorio, nel senso che spesso interrompeva il dialogo sonoro
per parlare, raccontare o chiedere che ore fossero. Io la lasciavo
parlare, le rispondevo brevemente non rinforzando il registro
verbale. Poi riproponevo la stessa musica che avevamo appena
interrotto e lei tornava nella dimensione musicale, concedendosi di
lasciarsi andare per un attimo, almeno fino alla successiva
interruzione. Questo schema si riproponeva di volta in volta e, con
il tempo, si sono allungati i tempi di improvvisazione musicale
rispetto a quelli dell'espressione verbale della signora. In alcune occasioni ho portato uno jambee, uno strumento a
percussione grande ed importante, che posizionavamo tra le nostre
gambe e suonavamo insieme con le mani, sedute una di fronte
all’altra. All'inizio questo strumento non le piaceva e non voleva
che venisse suonato. Poi, progressivamente, si è mostrata
incuriosita e ha cominciato a suonare con me, ma mostrava segnali di
non volersi veramente concedere questo spazio, come se fosse
un'attività pericolosa, difficile da controllare, che potesse mirare
le sue certezze di controllo. Stava nella dimensione percussiva solo
per pochi attimi e sempre con un'intensità minima. Progressivamente
siamo riuscite, anche qui, a suonare per più tempo (non più di un
minuto) senza interruzioni così frequenti come all'inizio.
Il pianoforteIl pianoforte è stata la piacevole rivelazione da metà del
nostro percorso fino agli ultimi incontri. Lei si sedeva alla
tastiera alla mia destra, verso le note acute. All'inizio stavamo
sedute al pianoforte, ma lei non suonava. Io schiacciavo qualche
tasto per incuriosirla, per farle immaginare di poter suonare. Con il
tempo, si è concessa la possibilità di suonare da sola, prima con
attenta parsimonia, un tasto alla volta, con intensità pp o
al massimo p. Suonava i tasti neri dal più acuto verso il
più grave, passandoli tutti, con curiosità e precisione, usando
solo la mano destra. Poi, incontro dopo incontro, il pianoforte è
diventato per lei uno spazio sempre più ampio.
Ha cominciato a suonare con entrambe le mani, comprendendo tasti
neri e bianchi, suonando ad intensità crescenti, con maggior
velocità di movimento delle dita. In alcune occasioni abbiamo
aggiunto il canto di melodie improvvisate al momento o ripercorrendo
le sue canzoni, che attingevano ad un repertorio personale del
passato. Un giorno è avvenuto un fatto sorprendente e importante: stava
suonando, con un'importante presenza nel qui e ora. Mostrava una
grande tranquillità, una grande apertura e dolcezza. Finita la sua
improvvisazione abbiamo deciso di terminare l'incontro, ci siamo
alzate e lei si è accorta, senza preavviso, di essersi fatta la pipì
addosso. Non se n'era accorta durante. Mi sono assicurata che stesse
bene, che fosse tranquilla rispetto a ciò, lei non ha mostrato
vergogna, solo stupore di non essersene accorta. Siamo tornate nel
Nucleo come sempre camminando e, successivamente, mi sono
assicurata con il personale medico e assistenziale che lei
normalmente non avesse difficoltà nel riconoscere la necessità di
minzione.
L'emotività è normalmente mostrata attraverso un diverso
controllo degli sfinteri e il lasciare andare gli umori può essere
segno di lasciar andare il controllo. Se la signora Maria normalmente
fa fatica a lasciarsi andare e deve tenere sotto controllo la
situazione, si può pensare che invece in questa occasione il
coinvolgimento emotivo sia stato talmente forte che è prevalso sul
suo pensiero razionale.
Il cantoAlla signora Maria piace il canto. “Le è sempre piaciuto” mi
ha confermato la figlia. Nei nostri dialoghi sonori c'è sempre stato
il canto, sia come improvvisazione senza parole e con melodie
inventate, sia come riproposizione di canti della sua biografia
musicale. L'altra possibilità sperimentata più volte è stata la
lallazione in forma di botta e risposta. Improvvisavamo un dialogo
senza senso, con la ripetizione alternata di cellule
ritmico-melodiche senza struttura predefinita. Abbiamo improvvisato
dei veri e propri dialoghi “non verbali” e “para-verbali”,
con intonazione, ritmo, espressioni del viso e gestualità ostentate
e decise, intensità f., come se fossimo in
una piece teatrale. Poi a risata entrava
nell'improvvisazione, diventando vettore di un'importante liberazione
emotiva. Io ho sentito un grande coinvolgimento da parte della
signora e ho percepito che stavamo comunicando delle emozioni vere in
modo istintivo, primordiale e che ci stavamo divertendo davvero,
entrambe.
Le malattie degenerative senili possono portare alla parziale
compromissione del canale verbale o alla completa afasia. La persona
recupera e rivive così il modo dei bambini molto piccoli, che non
hanno ancora sviluppato l'uso della parola. Fino al primo anno di
vita infatti il bambino comunica attraverso la lallazione, lo
sguardo, i gesti fino a quando non sostituisce tutto questo con il
canale verbale.
Si, ma non troppoLa signora Maria alternava spesso momenti di grande serenità che
duravano alcuni minuti, nei quali si concedeva di lasciarsi andare al
piacere del canto e del suono, a momenti di blocco, probabilmente
generati da un forte controllo razionale. In alcuni attimi fermava il suonare e si lasciava sopraffare da un
arcaico senso del dovere che le imponeva di smettere, come se ci
fosse qualcosa di più importate da fare proprio in quel momento, ed
esprimeva la volontà di andare a svolgere le attività tipiche della
sua vecchia vita: cucinare, sistemare la casa, andare a prendere i
bambini… Quando interrompeva il dialogo sonoro musicale per
introdurre quello verbale io restavo con lei, accoglievo il suo
sentire, la lasciavo fare per qualche attimo, senza rinforzare. Poi
reintroducevo il tema musicale e lei si lasciava riprendere per mano,
senza opporre grande freno. Questa dinamica non è mai stata violenta, ma avveniva frequentemente durante gli incontri, con la
ciclicità di qualche minuto. Inoltre la signora Maria mostrava insofferenza nei confronti
dell’intensità mf. o f.. Se il volume alto veniva
generato da lei, avveniva in modo non previsto, con un colpo di
jambee o con una nota di flauto dolce. Si fermava, mi guardava e
sorrideva preoccupandosi di non disturbare i vicini, esprimeva questa
difficoltà usando il canale verbale tradizionale. Se veniva generato
da me lei mi fermava, mi sgridava con la decisione di una mamma di un
tempo, dicendo che i vicini si sarebbero lamentati e che non voleva
litigare. Evidentemente il volume medio-forte generava in lei un fastidio
che la innervosiva e faceva riaffiorare qualche tratto del suo
passato, forse l'essere stata madre di bambini disubbidienti. Se
non smettevo, alzava la voce parlando in dialetto. Poi, una volta tranquillizzata rispetto a ciò, e probabilmente
svanito il ricordo dell’episodio per colpa della sua malattia,
ricominciava a suonare e cantare senza più preoccuparsi. Se introducevo un riff, semplice e ripetitivo, con una percussione
o con la voce, lei a volte partecipava con grande serenità, a volte
invece ne usciva. Non stava nel dialogo sonoro-musicale e parlava,
raccontava qualcosa di non inerente. Questo atteggiamento mi è
sempre sembrato un segnale di dispersione, di fuga. A volte, in modo improvviso, ma sempre dopo un momento di evidente
piacere nella dimensione musicale, interrompeva il canto o il suonare
per lamentarsi verbalmente e in modo diretto di “non riconoscersi
più, di mancarsi un po’ ”. L’importanza di questi momenti
rivelavano una sua auto dichiarazione, non pienamente consapevole, di
non essere più la persona di un tempo e di non capire cosa stia
succedendo, forse in un tentativo di giudizio nei confronti della
propria condizione, rispetto al decorso della malattia. Le sue parole
sono state accompagnate da sospiri profondi e da sguardi sconsolati e
impotenti. Io mi sono sempre posta in condizione di ascoltatrice,
cercando di accogliere il suo stato con un sorriso e qualche parola.
Poi, dopo un attimo, le proponevo di tornare alla musica, proposta
che lei spesso accoglieva al volo. Questi meccanismi hanno permesso importati momenti di liberazione
e di apertura da parte della signora verso un sentire interiore forte
e sincero e le hanno dato la possibilità di esprimersi usando, a sua
scelta, il canale verbale tradizionale o l'espressione musicale
improvvisata.
Il respiroDurante gli incontri il respiro è stato centrale nelle mie
osservazioni. La signora Maria ha una struttura corpo-mente apparentemente
solida, tenace, che sembra difficilmente scalfibile. Questa sua
capacità di tenere insieme le cose, di preservarsi dalle situazioni
impreviste, è molto marcata, ma diventa fragile se si esce da
territori a lei familiari rischiando di mettere in crisi la sua
capacità di resilienza. Tutto questo è diventato evidente
ascoltando il suo respiro che passava da normale, stabile ma morto
corto, durante i momenti di disimpegno emotivo a frammentato,
irregolare in alcuni attimi di particolare coinvolgimento emozionale. Nei momenti di dialogo sonoro al flauto ho spesso seguito il suo
respiro con molta attenzione, respirando con lei e sincronizzandomi
suoi suoi ritmi. Faceva grandi inspiri per poi suonare fino a farsi
mancare il fiato. Introduceva improvvisazioni lunghe, con strutture
ritmiche molto serrate e dai cambi veloci, senza variazioni. Alla
fine dell'espirazione riprendeva velocemente il fiato e ricominciava
a suonare fino a non poterne più. A quel punto si fermava e lamentava un'importante fatica. Io la
lasciavo fare per poi intervenire in quel momento. Ci fermavamo e
restavamo in silenzio. Io ostentavo dei grandi respiri, lunghi e
profondi. Lei mi guardava negli occhi e mi imitava. Ecco, in quel
momento avevo la chiara percezione che si stesse prospettando una
possibilità di grande rilassamento, di apertura e pace, in contrasto
con il vissuto stressato che si era appena concluso. Dopo essere
state un po' nel respiro profondo ricominciavamo a suonare con
maggior tranquillità. Anche usando le percussioni si è presentata la stessa difficoltà.
Abbiamo osservato e ascoltato questi momenti per poi trasformarli in
occasioni di apertura e maggior rilassamento.
Il respiro della signora mi ha permesso di stare a contatto con me
stessa e con i miei diversi stati, in comunicazione con i suoi. Ho
osservato l'ansia del non sapersi fermare, l'ascolto del silenzio,
l'inspirazione ed espirazione consapevoli, l'ascolto attento del
ritmo del respiro. E' stato per me molto importante perché mi sono
data la possibilità di aprire importanti finestre di interesse sulla
centralità del respiro e le sue implicazioni vitali, sia le mie che
quelle altrui.
Punti di forzaLa signora Maria è una donna forte, con una grande energia vitale
interiore, sia emotiva che razionale. Queste risorse l’hanno sostenuta in una vita che, dai suoi racconti, è stata condotta
nell’ordine e nelle buone pratiche, per lo più familiari e di
casa. Il suo attuale senso di dispersione deriva dal non riconoscersi
più e dal vuoto lasciato dal non avere più la vita di un tempo.
Oggi si trova in una condizione di ampia inattività che lei sa
accogliere con apparente serenità e grazie a un carattere
complessivamente docile e accogliente. Questo è un impegno costante,
quotidiano che però le fa usare molta parte della sua energia.
Accogliere, accettare, sorridere sono attività molto dispendiose per
una persona anziana e malata. Queste strategie, scelte o costruite
nel tempo di una vita in modo più o meno consapevole, permettono
alla signora un buon equilibrio, che viene bilanciato quotidianamente
durante le attività che svolge. Durante gli incontri di musicoterapia la signora è stata
stimolata in altro rispetto a quello che lei conosce e sa gestire. Le
è stato proposto di lasciar andare queste strutture protettive, di
abbandonarsi al momento, di non trattenere e non controllare. Ed è
qui che abbiamo incontrato e affrontato il suo blocco. E’ possibile che, a volte, non si volesse concedere la libertà
di dover togliere quel velo che, nel profondo, coprisse una forma di
ansia e un malessere diffuso, anche legato al decorso della malattia. A metà del nostro percorso si sono verificati alcuni episodi
depressivi della signora all'interno del Nucleo. Me ne ha
parlato il medico responsabile, chiedendomi se potessero, in qualche
modo, essere collegati al percorso di musicoterapia. Abbiamo valutato
insieme che potesse esser stata scossa la sua energia. Abbiamo deciso
di continuare e cercare la via per accogliere ed esprimere nel
modo più coerente questi vissuti. Abbiamo valutato la giusta
mediazione tra il gestire, il controllare e il lasciarsi andare e
l'accogliere. Dall'insorgenza di questi episodi, d'accordo con
il personale medico, ho cominciato a condurla (fase leading) in un
modo accogliente, con l'obiettivo di osservare e vivere il piacere di
suonare senza sforzo, senza obbligo, per scaricare la tensione,
alleggerire l'impegno razionale e, allo stesso tempo, non perdere la
bellezza del momento presente. Il lavoro che si è proposto nell'ultima fase dell'esperienza è
stato la stimolazione progressiva di una maggiore presenza nel qui e
ora, rinforzando la nostra relazione attraverso il canto e l’uso
degli strumenti in modo aperto, per cercare momenti di leggerezza e
di libera espressione del sé, senza tempi e strutture musicali
precostituite. Abbiamo suonato in modo istintivo, come per recuperare le
strutture e l'organizzazione musicale primarie, acquisite durante i
primi mesi di vita, appoggiandoci sulle caratteristiche strutturali
del suono che sono, già di per sé, intrinsecamente organizzate.
gennaio 2016
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